Ida Pfeiffer arrivò a Valparaiso nel marzo 1847, io nel marzo 2017.
Leggendo le sue descrizioni è evidente il cambiamento che la città ha avuto in questi anni.
Ida vede solo due strade e delle colline che sembrano grossi massi di sabbia. Il tutto appare tetro e monotono.
Monotonia è la parola più sbagliata per descrivere oggi questa una città enorme, viva, colorata e grandemente contraddittoria.
Valparaiso ha un centro che si trova in basso, che è quello che ha visto Ida, ma che oggi è molto più grande, e poi ci sono 42 colline, i cerri,
tutte fittamente abitate, quindi i massi di sabbia che lei vedeva, oggi non sono più visibili, essendo ricoperti di case colorate.
Per passare da una all’altra di queste coline ci sono strade ripide da scendere e salire, o si può prendere un paseo,
scale strette e ripide, o ancora si può salire con gli ascensori che sono delle tipiche funicolari ripidissime, ma che spesso sono in manutenzione.
Cerro Allegre e Concepcion sono patrimonio dell’umanità Unesco. Sono posti deliziosi, con viuzze che si inerpicano da cui puoi vedere in basso il mare, le case sono tutte colorate, sia perché il rivestimento stesso è colorato, sia perché non esiste una parete che non abbia un murale dipinto sopra. In queste due colline si concentrano i tre originari nuclei abitativi, quello tedesco, quello inglese e quello italiano, ciascuno con la propria chiesa, protestante, anglicana e cattolica, che sono contigui l’uno all’altro a dimostrazione di una convivenza pacifica nelle diversità, che pure ha visto momenti di tensione durante le due guerre mondiali.
Se ti allontani dal Patrimonio dell’Umanità vedi un altro mondo, dove le case continuano ad essere colorate, ma sono situate su strade fatiscenti e sporche.
Nel centro convivono edifici antichi, come il teatro o la cattedrale descritti da Ida Pfeiffer e i grattacieli, ma quello che più balza agli occhi è la confusione di gente che si muove in un traffico convulso e disordinato tra strade decisamente sporche.
Se invece ti sposti di 10 Chilometri, ti trovi senza accorgertene in un altro continente, infatti immediatamente e senza soluzione di continuità inizia una nuova città. Vina del mar, che è quanto più distante da Valparaiso. Case e grattacieli bianchi e puliti, strade linde, traffico scorrevole e silenzioso, non un cane randagio, ma cani “firmati” e al guinzaglio, insomma la sensazione è di essere arrivati a Miami senza aver preso aerei. Non mi era mai capitato di vedere due mondi opposti situati praticamente nello stesso luogo, e gli abitanti lo sanno, così ci tengono a rimarcare le differenze, soprattutto quelli di Vina.
Il capitano aveva rassicurato Ida riguardo alla grande onestà della gente che ci viveva, ma lei si accorse ben presto che quelle parole dovevano essere fallaci, perché vide che porte e finestre erano chiuse da sbarre, c’erano galeotti e polizia per le strade, e per rientrare dal teatro bisognava farsi accompagnare.
Ad ogni modo ad Ida non piacque la gente del posto, per i caratteri somatici e, soprattutto per il modo di essere. Per esempio, racconta che di fronte ad un ragazzo che si disperava per aver fatto cadere tutti i piatti che trasportava, la gente che passava rideva non provando alcuna compassione. È testimone di un assassinio perpetrato da un poliziotto corrotto che, dopo aver intascato il denaro per fare evadere un prigioniero, gli spara.
Io sono stata avvisata praticamente da tutti, e già prima di arrivarci, sulla pericolosità di questa città. Confesso che girando da sola fuori da Cerro Alegre e Cerro Concepcion ho avuto paura, ma a me non è capitato nulla. L’idea che ci siano due mondi separati e distinti, questa sì l’ho confermata: una zona per i turisti, una sorta di paradiso quasi disneyano si oppone alla zona reale, dove la gente vive e fatica per prendere un autobus.
Il nome Valparaiso, però, è azzeccato: guardandolo dall’alto è davvero la valle del paradiso, al punto che Neruda volle la sua casa sul punto più alto di una delle sue colline da cui potesse avere una vista mozzafiato. Entrare alla Sebastiana è un’esperienza onirica, il modo in cui è stata costruita, le decorazioni, le innumerevoli, splendide collezioni, ci fanno entrare per un po’ nell’immaginario del poeta.
Ida ci presenta lo stereotipo del cileno cattivo, sporco e ladro. Insensibile al punto che la morte di un bambino era festeggiata con grande allegria portando in giro questo cadaverino con gli occhi sbarrati, cantando e ballando per giorni, felici di avere in casa un angelo.
Io sono in Cile da 10 giorni, e non mi piace uniformarmi agli stereotipi che assegnano caratteristiche uguali a tutti gli abitanti di un posto. Ma, per la mia minuscola esperienza in America Latina, devo dire che ho trovato in Cile gente molto diversa rispetto, per esempio, al Brasile.
Ho trovato poca gente molto gentile, veramente fino all’eccesso, persone che mi hanno aiutato molto anche non conoscendomi, come le tre sorelle dell’ostello a Puerto Varas che si sono prodigate in ogni modo per risolvere un mio problema, come Paola, la madre single che ho conosciuto solo per essere entrata nel suo ufficio a comprare un biglietto dell’autobus e che ha voluto chiacchierare con me per 20 minuti, o Jorge che da perfetto sconosciuto mi ha scarrozzato 23 chili di valigia per tutte le salite di cerro Alegre raccontandomi la storia del Cile, di Allende e Pinochet che lui ha vissuto, o come i medici della clinica Puerto Varas, persone splendide e di grande professionalità.
Ho incontrato poi persone, la maggioranza (sono stata sfortunata io?), indolenti, poco gentili, interessati al turista che viene da lontano solo come fonte di guadagno facile e possibilmente fraudolento.
Scordatevi un wifi pubblico in Cile, esiste la rete del governo ma non funziona, e se volete la password da un esercente, potrebbe essere più facile rapinarlo.
Ho preso autobus che facevano invidia ai migliori arerei intercontinentali, con steward impeccabili che ti rimboccano le coperte, ed autobus (per una percorrenza di 25 ore) sporchi, con bagni senza acqua e con autisti che a qualunque richiesta legittima dei passeggeri. rispondono con un no.
Io questo ho visto.
170 anni dopo Ida.