Sono due mesi che giro intorno al mondo, ma il mondo non si ferma e non lo raggiungo, e lo capisco benissimo quando mi chiama qualcuno per aggiornarmi su cosa succede a casa.
Perché io ho una casa. Probabilmente tutti abbiamo un luogo da cui scappiamo per scelta o per necessità, e a cui, nonostante tutto, sempre aneliamo.
Sono da 24 ore in Sri Lanka. Questo è il decimo Paese che tocco nel mio giro del mondo e tutte, tutte le volte, ho bisogno di 24 ore per capire dove sono e per apprezzarlo. Sarà questione di jet leg o solo di cambio di abitudini, fatto sta che ho dovuto ambientarmi persino a paradisi come l’isola di Pasqua o la Polinesia. Francamente qui lo shock culturale è stato tremendo, perché provenendo da Singapore tutte le arretratezze di questo posto diventano maggiormente evidenti. Già in aeroporto dove il bagno ha l’accesso con i gradini, che è un ossimoro per un luogo dove la gente solitamente è carica di bagagli, al visto che inspiegabilmente costa 40 dollari, ma 42 euro, all’autista del tuk tuk che chiede la tangente alla guest house (che poi la ricarica sul mio conto), alla sporcizia delle strade ecc.ecc. In compenso in poche ore ho conosciuto una serie di persone affascinate dal mio essere italiana che hanno voluto scambiare piacevolmente due chiacchiere con me.
Mentre, chiusa sotto la zanzariera, intenta ad uccidere una zanzara killer, cerco di ricucire le fila di questa giornata capendo come migliorare quella di domani, una telefonata dall’Italia mi riporta immediatamente a casa.
Quando ti avvisano che una persona che conosci è morta, la prima risposta di solito è “ma che stai dicendo?” come se la morte toccasse solo gli altri in un luogo e un momento imprecisati, ma comunque lontani da noi che, invece, siamo orgogliosamente vivi, noi e i nostri amici!
La morte è degli altri, noi siamo qui, per sempre.
Poi qualcuno ti chiama e capisci (ogni volta) che non è così.
Albina non so quanti anni avesse, per me era la stessa da sempre. Forte e coraggiosa, se l’età si misurasse in base all’energia, Albina ha avuto 20 anni per sempre.
In quei collegi dei docenti dove spesso e volentieri mi chiedevo cosa ci facessi, perché mi trovassi in quei luoghi non bene definiti impiegando il tempo in attività spesso inutili, Albina mi aiutava a ridere, di tutto e di tutti.
Albina è un’istituzione, per me una parte della mia vita, un prima evanescente che ritorna prepotentemente tutti i giorni nella mia mente, vivo e drammaticamente vitale.
Il tempo perduto di Proust. Non riesco a leggerlo. Dando la scusa alla mancanza di tempo e alla difficoltà del testo, in realtà il tempo perduto dovrebbe essere svanito per sempre per lasciare in pace la nostra anima, per lasciarla libera di rinascere ogni giorno, il tempo perduto è dolore, e tanto più fu felice, tento più diventa insopportabile.
Albina era gioia per me.
Fino al giorno prima della partenza, quando ti ho visto alla posta e non sapevi ancora niente del viaggio. Ti avrei raccontato volentieri tutto quello che sto vivendo, ma il mondo mi sfugge anche se io gli giro intorno, e tu, con lui, non mi hai aspettata!
E il tempo me l’ha portata via senza preavviso, oggi che ho bisogno di lei più che mai. Più di prima.
Se ti farà piacere potrai raccontare a me quello che avresti voluto raccontare a lei.
Buona continuazione del tuo viaggio e Buon viaggio a lei. Sono certa che ha già raggiunto papà.
Certo, ci vediamo presto. Un bacio grande.