Ciao, mi chiamo Loredana e sono venti giorni che non prendo un aereo. Applausi.
Così immagino debbano incominciare le riunioni dei viaggiatori anonimi, tutti seduti in cerchio in una stanza insignificante con al centro uno psicoterapeuta che incoraggia il ritorno alla normalità e premia chi riesce ad incanalarsi in una sicura quanto insignificante routine quotidiana.
Un maestro elementare a me molto caro, era solito raccontare la storiella della ricottina di Matilde per invitare alla prudenza le persone a cui voleva bene, e per preservarle da brutte sorprese.
La storia parlava di questa vivace ragazzina che si recava al mercato con il fuscello di ricotta in testa, per venderlo. E lungo tutto il tragitto fantasticava sul suo futuro radioso, e sognava di comprare un mucca con i soldi ricavati dalla ricotta, e poi, dopo aver venduto la mucca, avrebbe comprato una casa ecc. ecc. fino a diventare la donna più importante del paese così tutte le persone si sarebbero inchinate davanti a lei. Presa dalla foga dei suoi sogni ad occhi aperti, Matilde fa il gesto dell’inchino dimenticando che in testa aveva il fuscello, così su quella ricotta spiaccicata in terra la bambina vede tutti i suoi sogni futuri infranti e anche la realtà presente poco allegra, viste le botte che prenderà una volta a casa.
Non ho mai creduto veramente a quella storia, ma volevo bene alla persona che la raccontava e ho cercato per lunghi anni di adeguarmi a una vita normale, un lavoro normale, una casa normale, una famiglia normale; fino a quando un altro maestro mi suggerì di “guardare in alto per non inciampare”, un ossimoro, come tutta la sua stessa vita probabilmente, ma l’unico ossimoro che dà speranza di vita alle persone come me.
“Come hai fatto? Che coraggio!”
Quanto coraggio ci vuole a voi per restare imprigionati ogni giorno della vostra esistenza in una casa di vetro, facendo scorrere la sabbia della clessidra della vostra vita mentre vi accingete a pulire soprammobili, spiando nelle case di vetro dei vostri vicini?
Ci vuole coraggio a condividere le propria stanza da letto con donne e uomini mai visti prima, lo so. Ma quanto ne serve a voi per condividere l’alcova con l’uomo o la donna che non amate, per tutta la vita, nella vostra stanza di vetro?
Affrontare la paura della morte in un posto sperduto lontano da casa non è mai più impegnativo della morte vissuta consapevolmente in un sepolcro imbiancato, per sempre.
Osservare luoghi e persone tanto lontani e diversi non è più stanchevole del vostro restare in poltrona a guardare dal buco della serratura alla ricerca costante di presunte falle nella vita dei vostri vicini di casa o di ombrellone.
È solo diverso.
Non migliore.
Diverso.
Ma io ci stavo bene in quella diversità.
Ciao mi chiamo Loredana e sono venti giorni che non prendo un aereo.
Anche a me è sempre piaciuta tanto la storia di Matilde e della ricottina. Non sono mai stata una brava a frenare i sogni, anzi, ma con il tempo sì che ho imparato ad andare più lentamente. Ne ho guadagnato tanto in serenità.
Il tuo post è condivisibile per certi versi, ma sembra dare per scontato che ci siano solo due posizioni: quella di chi viaggia e ha coraggio, e quella di chi resta a casa infelice a spolverare i mobili. E lo dico facendo parte del primo gruppo: viaggio tanto, trasloco, mi muovo in continuazione e ho abbandonato con uno strappo forte la vita di stereotipi in cui ho passato i miei primi 29 anni.
Ma ci sono anche tante cose coraggiose che si possono fare senza prendere aerei, senza muoversi, senza fuggire in posti lontani.
Ci sono tante vie di mezzo, ecco, ed è bello che ognuno trovi la sua. L’importante secondo me è che si viva la vita che scegliamo, frutto delle nostre scelte e non di imposizioni. Che poi si scelga di partire o di restare, l’atto di coraggio secondo me rimane fare scelte in libertà senza paura dei condizionamenti esterni 🙂
Certo, era quello che volevo dire, non c’entra nulla il viaggio.
Divido !!!
Brava !!!!!!!
Bellissima….credo sia vero quello che dici,anche restare nella propria casetta ,nel proprio paesello o città ,magari con la propria famiglia , “normale ” ,vivendo la solita routine quotidiana che probabilmente nemmeno piace è uno stress e no da poco.Quindi è preferibile stressarsi armati di tanto coraggio per avventurarsi in giro per il mondo nella consapevolezza di incontrare continuamente gente nuova e di visitare luoghi fantastici proprio come hai fatto tu!
Bellissimo!
Quanta verita’….la tua riflessione mi riporta alla mente il mito della caverna di Platone. Tu, cara Loredana sei il prigioniero che e’ riuscito a liberarsi dalle catene e ha trovato il coraggio di uscire fuori dalla caverna per guardare in faccia il Sole e la vera natura e realta’ delle cose.