Parlano di me (cliccando sulle immagini si apre l’intervista)

Hawa Mahal

Jaipur è conosciuta come la città rosa del Rajastan per il colore caratteristico dei suoi palazzi.

Uno di questi è il palazzo dei venti, l’Hawa Mahal, la cui caratteristica è un innumerevole numero di finestre e finestrelle costruite in modo che da dentro si possa vedere cosa accade fuori, senza essere visti, così le donne del palazzo potevano essere informate sulla vita della città in maniera anonima. Nello stesso tempo queste finestre rendono possibile una corrente d’aria che rinfresca il palazzo.

Taj Mahal

Pare che l’ora migliore per visitarlo sia l’alba, ma io mi trovavo a Delhi che dista più di quattro ore da Agra, così siamo arrivati alle 8.

Ero in India da pochi giorni, non ero ancora assuefatta alla sporcizia, così la cosa che più mi ha colpito immediatamente è stato il degrado delle strade di Agra piene della solita immondizia che stride profondamente con la maestosa bellezza di questo mausoleo, candido e perfetto che all’imoprovviso ti compare davanti.

Il Taj Mahal dovrebbe essere il simbolo di una straorinaria storia d’amore essendo stato fatto erigere dall’imperatore per la sua moglie favorita, anche se la nostra guida, ad un certo punto, ha messo in dubbio quasta storia d’amore, ma noi ci vogliamo credere.

Sì, la guida che mi ha fatto praticamente un book fotografico e a cui non ho dato la mancia perché all’ingresso ci avevano detto di non dare mance alle guide che erano stipendiate, tuttavia ancora oggi me ne pento ed ho scritto una mail all’ufficio per rintracciarlo e ringraziarlo: le sue foto sono state apprezzate da tutti!

Ad Agra c’è un altro partimonio unesco, meno conosciuto: il forte rosso. Purtroppo il taj Mahal polarizza su di sé l’attenzione dei turisti che non sempre entrano anche nel forte. Noi non siamo entrati, per esempio, perché c’erano 45 gradi ed eravamo sfiniti!

il forte

Foto Istanbul

A cinque anni dal mio giro del mondo, riprendo il blog da dove lo avevo lasciato: dopo il ricovero non ho più sistemato le foto e non le ho pubblicate.

Una giovane collega mi chiede informazioni su Istanbul e io vado a cercare tutti i supporti dove avevo conservato le foto, così ne pubblico alcune, cercando di completare il blog.

Chiedo scusa perché sono state scattate quasi tutte con la piccola macchinetta che mi aveva regalato Antonio Brandi, quindi hanno una risoluzione bassissima e, soprattutto, dopo due corsi di fotografia, una reflex, una mirrorless e un iphone 13 mi rendo conto che scattavo davvero foto pessime, ma…basta il pensiero!

Intanto google foto mi ricorda che cinque anni fa, a quest’ora, ero lì!

Ho alloggiato a Sultanahmet, passeggiavo nei dintorni di giorno e di notte, mi spuntava sempre da qualche parte la moschea blu

Ho trovato un ristorantino, sì, turistico, era inevitabile in quel luogo, ma dove si mangiava bene, ho fatto amicizia col maitre tornandoci ogni giorno con un trattamento di favore. Per un paio di anni mi sono sentita via whatsap con loro poi, la vita…

Nella zona asiatica poi, su suggerimento di Denise la mia preziosa amica italo turca conosciuta in quei giorni (che mi ha anche aiutato cercare un laboratorio dove fare le analisi), ho mangiato le cozze fritte, non ho foto ma suggerisco vivamente di assaggiarle.

E non trascurate di assaggiare i dolcissimi dolci

La zona asiatica è molto viva e piena di giovani, mentre sultanhamet, come è inevitabile, è frequentata essenzialmente da turisti. Ho incontrato molte donne arabe, secondo i turchi con cui ho parlato è l’effetto Erdogan, unito alla paura che gli occidentali avevano degli attentati. Loro sono coperte come non ne ho vista nessuna in Iran, lì usano il chador, che pure non sopportavo, queste usano il niqab, sono irritata: non comprendo perché bisogna coprire ogni centimetro del proprio corpo con un caldo asfissiante e trovo poco igienico mangiare avendo un velo che ti copre la bocca, come ho visto fare al ristorante.

la risoluzione è minima, ma credo che la foto sia significativa

Ovviamente non si può tralasciare una visita al bazar

Una gita sul Bosforo mostra la bellezza della città da un’altra prospettiva

sul Bosforo si affacciava anche la discoteca Reina, luogo della strage di capodanno 2017, così si presentava ai nostri occhi dopo l’abbattimento

il Palazzo di Dolmabahçe è una meraviglia per gli occhi, all’interno e all’esterno

come pure il celeberrimo Topkapi

ovviamente, nel museo, ho cercato i reperti degli scavi di Troia, dopo una vita di studio e traduzioni

una cosa bellissima di Istanbul sono gli animali in giro che non chiamerei randagi perché sono accuditi da tutta la città, soprattutto i gatti che spuntano, sani e sazi, da ogni dove, anche dentro Hagia Sophia

la gatta di santa Sofia

Ma chi mi ha seguito nel viaggio o ha letto il libro sa che l’aspetto più importante per me è conoscere le persone

dalle mie chiacchierate con i turchi ho capito una cosa: Erdogan o si odia o si ama, non ho trovato alcuna via di mezzo.

Qui ero entrata per un gelato ma il ragazzo del bar mi ha fatto stare un paio d’ore a parlare di politica dall’impero romano in poi! Non parlo di politica estera, non ne so abbastanza, ed è già così difficile parlare di politica nazionale, ma vorrei tornare in un qualche luogo sconosciuto del mondo a parlare con gente incontrata per caso di qualunque cosa mi possa far tornare quel sorriso!

#andràtuttobene?

Si fa presto a dire state a casa e andrà tutto bene.

La verità è che abbiamo chiuso in casa migliaia di ragazzi, il futuro della nazione.

 Li abbiamo privati dei diritti più elementari, del diritto allo studio, alla socializzazione, alla libertà.

Stiano a casa, la scuola si fa lo stesso: abbiamo calpestato secoli di pedagogia facendo credere che la scuola si potesse ridurre ad un mero trasferimento di sterili nozioni davanti ad un pc.

E, se pure fosse così, abbiamo immaginato di vivere in un Paese dove le connessioni sono libere e funzionanti, non precarie, instabili, a volte inesistenti come succede nel Bel Paese.

Fermiamoci ora a pensare ai nostri ragazzi, chiusi in casa e senza una vera scuola dal 9 marzo 2020, pensiamo a loro come alle vittime sacrificali delle nostre incapacità, invece di stigmatizzarli come gli untori della movida. Pensiamo a loro non fosse altro perché saranno loro a gestire tra un po’ le nostre vite.

Ho dato ai miei alunni un compito in classe in cui parlassero di questo annus horribilis, proiettandosi nel futuro o scrivendo per i posteri.

Queste sono le loro riflessioni. Questo, in piccolissima parte, è l’anno della pandemia per i nostri giovani.

Pensiamo alla scuola come l’unico vero volano da cui ripartire: se una cosa ci ha insegnato la pandemia è che la scuola deve tornare ad essere al centro.

Mi venne tolta la libertà e la spensieratezza di una normale adolescente, mi venne tolta la possibilità di fare le mie esperienze e le mie scoperte.

Una parte di me in quel periodo era morta e il mio essere così felice si perse insieme a tutte quelle vittime.

(Teresa)

Ho imparato ad apprezzare il valore delle piccole cose, che possono sembrare banali; ho capito che bisogna vivere il presente, nel modo in cui riteniamo più opportuno, perché non si sa mai ciò che il futuro ha in mente per noi.

(Carola)

Ero terrorizzata.

Volevo rivedere i miei amici, sentire il calore di un abbraccio, sentire sul viso la carezza dei miei nonni e ritornare alla normalità. Ma purtroppo questo era solo un sogno lontano. La riapertura veniva posticipata sempre di più, e io cominciavo a perdere la speranza di vedere la luce.

(Felicia)

Stavo mangiando con i miei genitori, quando, dalla tv arrivò una notizia che stravolse l’Italia: un cittadino era positivo al covid 19.

(Innocenzo)

Dato che sono asmatico ho continuato a rimanere a casa e posso assicurare che non è bello come sembra ma è una cosa bruttissima perché ti senti solo, i compagni se la prendono con te pensando che copi ma non capiscono che anche a te tocca studiare.

(Raffaello)

Ho sentito la mancanza delle piccole cose che ritenevo scontate: abbracciare mio nonno, donargli un sorriso senza la mascherina, ma anche sedermi accanto a lui, senza la paura di contagiarlo.

(Francesca)

L’anno 2020 è stato uno dei più brutti della mia vita poiché mi è stata tolta la libertà, il divertimento, l’uscita con gli amici, la scuola, lo sport, in una parola la vita.

(Matteo)

È brutto pensare che io, i miei amici e tutte le altre persone stiamo vivendo già da un anno questo difficile periodo che non dimenticherò mai: da un giorno all’altro sono stata costretta a rimanere a casa, a non vedere i miei amici, a fare lezione attraverso un computer.

(Angela)

La scuola (chi lo avrebbe mai detto?) mi è davvero mancata: la lavagna sporca di gesso, le litigate per le finestre aperte o chiuse, correre il primo giorno per accaparrarsi il posto migliore, la fila per andare in bagno, certo un po’ meno l’ansia per le verifiche o le interrogazioni!

(Maria)

Ci sentivamo in carcere: non potevi andare a giocare a pallone o a trovare qualcuno, quando uscivi per fare la spesa e vedevi un conoscente con la mascherina, faceva un effetto strano, quasi di paura.

(Nicola 1)

L’unica cosa che spero è che finisca tutto presto e bene, perché a stare con questa mascherina non ce la faccio più.

(Nicola 2)

La mattina appena sveglio facevo colazione con i miei genitori, subito dopo accendevo il mio antiquato computer e iniziavo svogliato a fare lezione con i miei professori e i miei compagni. Era davvero brutto vedere i miei compagni attraverso un computer e non scherzare tutto il tempo con loro.

(Aurelio)

Avevo quindici anni quando si iniziò a vociferare di questo nuovo virus…per un momento sembrava che il mondo si fosse fermato, quando mi affacciavo alla finestra non vedevo né sentivo nessuno.

(Andrea)

Il computer ci ha svuotati anche di quella sana e divertente goliardia tipica di noi ragazzi. Non ho mai odiato l’informatica, ma in questo periodo ho sentito questo forte bisogno di uscire dall’alienazione degli schermi, che ci rendono maschere di ciò che siamo realmente.

(Davide)

Iniziarono a cantare sui balconi, ad appendere striscioni colorati con su scritto “andrà tutto bene”.

(Elena)

Mi preparai per la festa di carnevale, aspettai la mia amica Maria e mi diressi con lei in piazza, dove c’era tantissima gente che festeggiava. Non pensavo minimamente che quella sarebbe stata la mia ultima uscita.

(Paola)

Sto vivendo un periodo difficile nonostante questi dovrebbero essere gli anni migliori della mia vita, e  mi sento perennemente insicura in ogni cosa, come se ogni scelta  fosse sbagliata, come se io fossi sbagliata e diversa e non all’altezza di superare tutto quanto. Ed ora si aggiunge la pandemia, è come se il tempo si fosse fermato, ma allo stesso modo è andato avanti.

(Erika)

Noi eravamo tutti a casa a fare le video-lezioni, che però non funzionavano tanto bene.

(Mariano)

Enel per il giro d’Italia. Le tappe della vita

Le tappe della vita, come quelle del giro d’Italia, sono di volta in volta semplici, complesse, faticose, calde, sudate, in salita o in discesa.

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Dolomiti lucane

Le dolomiti lucane fanno parte dell’appennino lucano e non hanno nulla a che fare con le dolomiti venete, non essendo composte di dolomia, ma le ricordano per la struttura che gli agenti atmosferici hanno scolpito nel corso delle ere geologiche, costruendo le forme più suggestive.

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