– Quel gran pezzo di figa mi ha provocato, ve lo giuro, era lei che mandava segnali. Inequivocabili. Sculettava, mi veniva vicino. Ve lo giuro si è strusciata addosso. Voi che avreste fatto? Siamo uomini, voi potete capire. Quando una femmina ti chiama devi rispondere.
Io e lo Sri Lanka non ci siamo presi: anche il giardino botanico, che è uno dei più grandi e belli al mondo, mi accoglie con un diluvio universale, costringendomi a stare per due ore nel bagno per evitare pioggia e fulmini!
“Isciacquio, calpestio, dolci romori.
Ah perché non son io cò miei pastori?”
Il mio giro del mondo è durato quasi 5 mesi ed altrettanti ne ha avuti di preparazione. Da settembre a febbraio, tutti i giorni ho lavorato, studiato, letto, organizzato voli, cercato contatti per poter realizzare questo progetto. Tutto sembrava difficile e quasi impossibile,
Ciao, mi chiamo Loredana e sono venti giorni che non prendo un aereo. Applausi.
Così immagino debbano incominciare le riunioni dei viaggiatori anonimi, tutti seduti in cerchio in una stanza insignificante con al centro uno psicoterapeuta che incoraggia il ritorno alla normalità e premia chi riesce ad incanalarsi in una sicura quanto insignificante routine quotidiana.
Domani Grecia, l’ultimo Paese del mio giro del mondo.
Scrivere, fotografare, pubblicare, ogni cosa sembra aver perso il senso su questa terrazza che mi ha accolto in una Istanbul caldissima 8 giorni fa e mi saluta in questa serata fredda mentre la mia pigrizia mi impedisce di scendere in camera a prendere una maglia.
La stessa pigrizia che mi impedisce di scrivere, forse anche di pensare, e di capire, tutto quello che è successo dal 28 di febbraio ad oggi.
Luoghi, gente, amici, treni, aerei, odori, letti, ostelli, ospedali, chiese, moschee, templi, continenti, tuc tuc, tassisti, freddissimo, caldissimo, rupie, diram, lire, spagnolo, inglese, francese, parsi, hijab, topless, hallo how are you?, gatti, cani, scimmie, sete, fame, gioia, turco, turchi, paura, dolore, calore, affetto, lacrime, risate, poeti, poesia, ricchezza, povertà, consigli, chiacchierate, Buddha, Allah, Ganesh, Vishnu, cammelli, pinguini, muezzin, mare, montagne, fiumi, amici nuovi, amici vecchi, amici per un giorno, amici per un’ora, amici per sempre, elefanti, giorni persi, ore guadagnate, fusi orari, medicine, farmacie, ramadan, moai, lady, m’m, be careful, u’r so nice, tacchi, piedi nudi, burqa.
Non so come combinare insieme queste parole e molte altre. Per ora non ci riesco. Domani torno in Europa. Domani torno a casa. Questo è quanto.
Partire è un po’ morire
rispetto a ciò che si ama
poiché lasciamo un po’ di noi stessi
in ogni luogo ad ogni istante.
E’ un dolore sottile e definitivo
come l’ultimo verso di un poema…
Partire è un po’ morire
rispetto a ciò che si ama.
Si parte come per gioco
prima del viaggio estremo
e in ogni addio seminiamo
un po’ della nostra anima. ( Edmond Haracourt)
Arrivo a Istanbul e mi sento a casa. E non capisco perché, ma poi mi rendo conto che è la prima volta che da due mesi leggo indicazioni, pubblicità, numeri, scritti con i nostri caratteri alfabetici. Non ci fai più caso quando vedi scritte in hindi piuttosto che in armeno o in parsi, e quando poi leggi parole che comunque non comprendi, ma scritte in quei caratteri alfabetici così familiari per te, ti senti, come dire, rincuorata.
Sono qui essenzialmente per avvicinarmi all’Italia: dopo il mio ricovero ho rinunciato a visitare il resto della Turchia, scegliendo di non affaticarmi, e di stare solo in città grandi da visitare con calma, posti dove ci sia un aeroporto che mi possa portare a casa e un ospedale che mi possa soccorrere in caso di emergenza.
Ma che scelta azzeccata!
Istanbul è meravigliosa. Esattamente come raccontano tutti quelli che l’hanno visitata. Credo che sia la città più bella che abbia visto in questi 4 mesi. Il mio ostello ha la terrazza sul Bosforo e la vista è così bella che non mi va nemmeno di uscire, mangio qualcosa qui, chiacchiero col ragazzo del bar che ha 24 anni è curdo e mi racconta di quanto teme le trasformazioni evidenti nel suo Paese, di Erdogan, dei problemi dei Curdi e del pkk.
In questa terrazza, ascolto musica contemporanea, dopo tanto tempo, non più solo canzoni locali o al massimo musica anni 70, qui sento quello che passa la radio a casa, e, ok, forse sono pro-global, ma dopo due mesi in cui tutto era lontano rispetto ai parametri in cui normalmente vivi, trovarsi in una città sospesa tra due continenti, dove la preghiera del muezzin è intercalata dalla splendida voce di Amy Winehouse, è una piacevole sorpresa.
E’ vero, confermo che probabilmente il viaggio del cuore, il viaggio tra la gente è finito in India, ma che bella scoperta Istanbul!
È l’unico posto dove ho trovato il paradiso all’inferno: in India sei circondata nello stesso momento e nello stesso luogo dalla massima bellezza e dalla più infima bruttezza. Continua a leggere Odori suoni colori rumori