Si arriva in Polinesia avendo in mente le immagini di Gauguin e le cartoline delle agenzie di viaggio che promettono lune di miele indimenticabili su un’isola sospesa tra il cielo stellato e le acque cristalline del Pacifico.
Quindi si cercano subito due cose: il mare e le donne.
Il mare mantiene tutte le promesse andando ben oltre ogni più rosea aspettativa: l’acqua è turchese, la sabbia fine e bianca, i fondali ricchi di coralli e pesci colorati già dalla riva, le palme sulla spiaggia completano il quadro idilliaco di un paradiso terrestre prima del peccato originale.
Il secondo quadro, quello di Gauguin si fa più fatica a scorgerlo.
Per la verità ci si sente ingannati, perché le donne polinesiane belle sono davvero pochissime. E’ molto facile trovare bambine bellissime, ma sembra che la pubertà le trasformi decisamente in peggio: l’80% sono grasse come se ne vedono poche in Europa, tanto che se real-time venisse qui potrebbe restare in pianta stabile con i suoi programmi contro l’obesità, e quelle che non sono obese hanno la pancia, tutte, anche le più giovani. Il volume della pancia supera spesso quello del seno, ed è assolutamente la norma vedere questi ventri strabordare con un risvolto flaccido che copre per qualche centimetro il minipareo-gonnelino. Insomma se in Europa una donna avesse una pancia così dopo aver partorito penseremmo che si trascuri. Quando parlano, poi, trasformano la perfetta musicalità del francese in una cantilena lenta e pigra con un accento a volte sguaiato rispetto alla lingua di partenza.
Ok, Gaugauin era un artista e ha rappresentato quello che lui voleva vedere, non la realtà.
Ok bye bye mito delle donne polinesiane.
Ma
Ma se per caso si vedono queste donne danzare, anche solo per una prova in un posto insignificante e con abiti dozzinali, e ascoltando le urla di un mastodontico travestito che insegna loro le movenze,
se solo per un istante si presta attenzione a queste ragazze, con la pancia e le gambe tozze come tutte, allora sarà impossibile distogliere lo sguardo. Niente, niente al mondo esiste di più bello e di più sensuale. Queste donne reali superano ogni fantasia dell’artista che le ha rappresentate e le ha fatte conoscere al mondo intero. Sono la trasposizione visiva di quello che furono per l’udito le sirene di Ulisse, se anche avrete da prendere un aereo che non vi aspetta, non riuscirete a staccarvi da quella visione. Quando danzano, tutto quello che poteva apparire imperfezione diventa bellezza sublime, i corpi diventano sinuosi, i ventri diventano invitanti, le gambe non sono più tozze ma perfettamente proporzionate, la cantilena pigra del parlare si trasforma in un movimento rallentato che induce a soffermarsi maggiormente su ogni gesto ingenuamente lussurioso.
Nel gruppo di ballerine si intravede una donna occidentale, con occhi azzurri e capelli biondi, bella, magra, con gli addominali scolpiti e un’ottima abilità nella danza, ma la sensazione nel guardarla è di fastidio: lei, la sua bellezza e la sua tecnica raffinata sono solo una nota stonata nel mezzo di questa grazia insuperabile.
Suggerirei alle donne italiane ed occidentali in genere che volessero fare la luna di miele in Polinesia, di non andare a vedere una di queste danze, perché vostro marito probabilmente giacerà con voi per il resto della vita in quanto ormai vi ha giurato fedeltà, ma avrà sempre in mente le movenze di queste meravigliose creature al cui cospetto voi, con tutti i soldi spesi in palestre, diete e scuole di ballo, resterete una nota stonata e insignificante, perché persino il transessuale polinesiano con l’improponibile gonnellino giallo sarà stato più sensuale di voi.
Io vi ho avvisate!
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