La felicità, in fondo, è una piccola cosa.

Appena atterrata a Yerevan, come sempre quando arrivo in un nuovo Paese cerco una connessione wifi per trovare un ostello dove dormire.

Ma qui, ora, è diverso.

Nonostante abbia già passato 12 ore in aeroporto a Teheran, non riesco ad uscire fuori perché non riesco a contenere la gioia di trovare una connessione, stabile, gratuita, libera. Tutti i siti aperti, possibile? No, qui non servono filtri. Sono in Armenia, so poco o nulla nulla di questo Paese, ma la gioia di poter usare il mio computer per comunicare con i miei amici nel mondo è una garanzia di ospitalità.

Due settimane in Iran, al caldo ma coperta dalla testa ai piedi (letteralmente) possono bastare.

Gli iraniani sono persone splendide, accoglienti, ricche di calore umano (a volte anche troppo!), curiose, e con la mente aperta. Parlando con un amico iraniano, mi sono lamentata del velo, che non sopporto e trovo anche blasfemo visto che non sono musulmana, lui mi ha detto che posso sopportarlo per vedere le bellezze dell’Iran. Punti di vista. Altri amici mi hanno chiesto scusa a nome del loro Paese.

Vedere quello che fu un tempo l’enorme, imponente impero persiano, ridotto in una schiavitù oscurantistica, fa male al cuore.

Passeggiare tra fantasmi neri che si tengono il chador tra i denti, bestemmiare ogni volta che si vuole soltanto vedere un video su youtube o cercare un amico su facebook per salutarlo, nascondersi per mangiare o per bere, camminare tra gigantografie propagandistiche, conoscere giovani studentesse di giurisprudenza che sanno che non potranno mai ambire alla carica di giudice, usare soldi che hanno tutti una sola immagine, parlare con giovani che vogliono venire a vivere in Italia perché in cerca di una nazione che rispetti i diritti umani mi ha fatto capire che la felicità è una piccola cosa a portata di mano, e si chiama libertà, invisibile e leggera quando ce l’hai, asfissiante e pesante come un macigno quando ti viene tolta.

Non che non lo sapessi, ma a volte vale la pena calarsi in situazioni altre per capire quanto siamo fortunati nella nostra.

Vivo in uno Stato dove chiunque può dire quello che vuole, dove qualunque boy scout può diventare capo del governo e chiunque, ma proprio chiunque, può diventare ministro. Anche senza laurea, anche del ministero della pubblica istruzione, per esempio.

Ma vivaddio, va bene così!

Siamo un Paese allo sbando dove tutto va migliorato, ma migliorare è ben lontano dal creare.

Grazie Italia.

 

 

3 commenti su “La felicità, in fondo, è una piccola cosa.”

  1. Cara Loredana, permettimi di dissentire in parte dalla tua analisi che mi sembra un po frettolosa…. Sei venuta in Iran nel periodo più sbagliato possibile d’estate e durante il Ramadan. Sei stata pochi giorni, a Tehran poco o niente, poi sei partita per posti ancora piu’ caldi dove io non mi azzardo ad andare perche’ so che soffrirei come un cane. E ` vero, internet non funziona come negli altri paesi, ma basta installare vpn free per accedere meglio ai social ecc. ecc. E comunque per tanto tempo internet non e’ esistito e un posto non lo puoi giudicare solo per la connessione, soprattutto se non ci vai per lavoro. Pensa che il bar libreria che ho sotto casa a Roma esibisce fuori questo cartello che mi ha convinta a frequentarlo “non abbiamo il wi fi, parlate tra di voi…..”.
    L’ Iran e’ ben altro, ti assicuro, a viverci per un po’. E’ un affascinante contraddizione in termini e’ un posto fuori dal mondo dove non abiterei per il resto della mia vita, ma che resta una meta unica, diversa da tutte le altre ormai globalizzate. Nel bene, ma anche nel male, tutte, ormai, simili fra di loro. Hai trovato dei veri amici qui in Iran, in carne ed ossa e non solo tra gli italiani, pronti ad aiutarti per ogni tua minima necessita. Ma di che ti lamenti?
    La tua AMICA: Francesca

    1. La libertà non ha prezzo per me.
      Io non porto il cellulare quando sono a cena con gli amici, non mi interessa il wifi nei ristoranti.
      Credo che tu abbia frainteso il messaggio.
      Non credo di aver parlato di connessione, ma di libertà.
      Libertà di vestirsi come si vuole, libertà di (non) usare internet, libertà di mangiare in pubblico.
      Non c’entra nulla il vpn (che comunque funziona malissimo), anche nell’isola di pasqua internet funziona male, ma non perché un ayatollah ha deciso che non posso avere accesso alle informazioni.

      E’ vero, ho trovato molti amici iraniani e tutti si sono lamentati del sistema in cui vivono e tutti sognano di andare altrove.

      Mi dispiace che tu abbia frainteso il mio messaggio che riassumerei così: non cederei la mia libertà per niente al mondo, combatto nel mio Paese perché ce ne sia di più, non posso fare finta di niente quando mi trovo all’estero.
      Non si può essere esterofili fino a non vedere la verità.

      Quanto alla globalizzazione ne dovremmo parlare, ho visto più coca cola in Iran che nel resto dei Paesi che ho visitato in questo giro. Vestirsi con una gonna corta non è globalizzazione, ma semplicemente adeguarsi al clima, evitando di morire di caldo; passeggiare mano nella mano con un fidanzatino non è globalizzazione, è libertà; magiare in pubblico durante il ramadan non è globalizzazione, è fame, e permettere che si possa mangiare è rispetto delle minoranza (in questo caso religiose), non dover compilare moduli in cui ti chiedono di dichiarare la tua religione non è globalizzazione; insomma non è che in Italia ci battiamo perché ci sia una legge per i matrimoni omosessuali e poi dove le minoranze vengono perseguitate dobbiamo dire che è tutto bello, perché tutto bello non è (il rapporto amnesty international non lo scrivo io e sicuramente è più attendibile di me)
      https://www.amnesty.it/rapporti-annuali/rapporto-annuale-2016-2017/medio-oriente-africa-del-nord/iran/

      Io ho visto due Iran, una cosa è la gente e un’altra il sistema, e sono due cose agli antipodi.
      E ho visto anche un Paese in cui tutto è proibito ma tutto è lecito.
      Io preferisco un Paese dove il lecito coincida con la legalità.

      Baci
      ps il caldo non c’entra niente, sono stata in India 2 settimane c’erano 45 gradi, portavo il velo PER SCELTA per ripararmi dal sole e lo toglievo quando ero all’ombra.
      E sono stata in iran 14 giorni, non pochissimi, e cmq il massimo che potevo per le loro leggi sul visto (la legge ha aumentato il periodo fino ad un mese solo dopo che io ero partita!)

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