Si fa presto a dire state a casa e andrà tutto bene.
La verità è che abbiamo chiuso in casa migliaia di ragazzi, il futuro della nazione.
Li abbiamo privati dei diritti più elementari, del diritto allo studio, alla socializzazione, alla libertà.
Stiano a casa, la scuola si fa lo stesso: abbiamo calpestato secoli di pedagogia facendo credere che la scuola si potesse ridurre ad un mero trasferimento di sterili nozioni davanti ad un pc.
E, se pure fosse così, abbiamo immaginato di vivere in un Paese dove le connessioni sono libere e funzionanti, non precarie, instabili, a volte inesistenti come succede nel Bel Paese.
Fermiamoci ora a pensare ai nostri ragazzi, chiusi in casa e senza una vera scuola dal 9 marzo 2020, pensiamo a loro come alle vittime sacrificali delle nostre incapacità, invece di stigmatizzarli come gli untori della movida. Pensiamo a loro non fosse altro perché saranno loro a gestire tra un po’ le nostre vite.
Ho dato ai miei alunni un compito in classe in cui parlassero di questo annus horribilis, proiettandosi nel futuro o scrivendo per i posteri.
Queste sono le loro riflessioni. Questo, in piccolissima parte, è l’anno della pandemia per i nostri giovani.
Pensiamo alla scuola come l’unico vero volano da cui ripartire: se una cosa ci ha insegnato la pandemia è che la scuola deve tornare ad essere al centro.
Mi venne tolta la libertà e la spensieratezza di una normale adolescente, mi venne tolta la possibilità di fare le mie esperienze e le mie scoperte.
Una parte di me in quel periodo era morta e il mio essere così felice si perse insieme a tutte quelle vittime.
(Teresa)
Ho imparato ad apprezzare il valore delle piccole cose, che possono sembrare banali; ho capito che bisogna vivere il presente, nel modo in cui riteniamo più opportuno, perché non si sa mai ciò che il futuro ha in mente per noi.
(Carola)
Ero terrorizzata.
Volevo rivedere i miei amici, sentire il calore di un abbraccio, sentire sul viso la carezza dei miei nonni e ritornare alla normalità. Ma purtroppo questo era solo un sogno lontano. La riapertura veniva posticipata sempre di più, e io cominciavo a perdere la speranza di vedere la luce.
(Felicia)
Stavo mangiando con i miei genitori, quando, dalla tv arrivò una notizia che stravolse l’Italia: un cittadino era positivo al covid 19.
(Innocenzo)
Dato che sono asmatico ho continuato a rimanere a casa e posso assicurare che non è bello come sembra ma è una cosa bruttissima perché ti senti solo, i compagni se la prendono con te pensando che copi ma non capiscono che anche a te tocca studiare.
(Raffaello)
Ho sentito la mancanza delle piccole cose che ritenevo scontate: abbracciare mio nonno, donargli un sorriso senza la mascherina, ma anche sedermi accanto a lui, senza la paura di contagiarlo.
(Francesca)
L’anno 2020 è stato uno dei più brutti della mia vita poiché mi è stata tolta la libertà, il divertimento, l’uscita con gli amici, la scuola, lo sport, in una parola la vita.
(Matteo)
È brutto pensare che io, i miei amici e tutte le altre persone stiamo vivendo già da un anno questo difficile periodo che non dimenticherò mai: da un giorno all’altro sono stata costretta a rimanere a casa, a non vedere i miei amici, a fare lezione attraverso un computer.
(Angela)
La scuola (chi lo avrebbe mai detto?) mi è davvero mancata: la lavagna sporca di gesso, le litigate per le finestre aperte o chiuse, correre il primo giorno per accaparrarsi il posto migliore, la fila per andare in bagno, certo un po’ meno l’ansia per le verifiche o le interrogazioni!
(Maria)
Ci sentivamo in carcere: non potevi andare a giocare a pallone o a trovare qualcuno, quando uscivi per fare la spesa e vedevi un conoscente con la mascherina, faceva un effetto strano, quasi di paura.
(Nicola 1)
L’unica cosa che spero è che finisca tutto presto e bene, perché a stare con questa mascherina non ce la faccio più.
(Nicola 2)
La mattina appena sveglio facevo colazione con i miei genitori, subito dopo accendevo il mio antiquato computer e iniziavo svogliato a fare lezione con i miei professori e i miei compagni. Era davvero brutto vedere i miei compagni attraverso un computer e non scherzare tutto il tempo con loro.
(Aurelio)
Avevo quindici anni quando si iniziò a vociferare di questo nuovo virus…per un momento sembrava che il mondo si fosse fermato, quando mi affacciavo alla finestra non vedevo né sentivo nessuno.
(Andrea)
Il computer ci ha svuotati anche di quella sana e divertente goliardia tipica di noi ragazzi. Non ho mai odiato l’informatica, ma in questo periodo ho sentito questo forte bisogno di uscire dall’alienazione degli schermi, che ci rendono maschere di ciò che siamo realmente.
(Davide)
Iniziarono a cantare sui balconi, ad appendere striscioni colorati con su scritto “andrà tutto bene”.
(Elena)
Mi preparai per la festa di carnevale, aspettai la mia amica Maria e mi diressi con lei in piazza, dove c’era tantissima gente che festeggiava. Non pensavo minimamente che quella sarebbe stata la mia ultima uscita.
(Paola)
Sto vivendo un periodo difficile nonostante questi dovrebbero essere gli anni migliori della mia vita, e mi sento perennemente insicura in ogni cosa, come se ogni scelta fosse sbagliata, come se io fossi sbagliata e diversa e non all’altezza di superare tutto quanto. Ed ora si aggiunge la pandemia, è come se il tempo si fosse fermato, ma allo stesso modo è andato avanti.
(Erika)
Noi eravamo tutti a casa a fare le video-lezioni, che però non funzionavano tanto bene.
(Mariano)